Parma | L'articolo è apparso sulle pagine della rivista «nature communications»
Gli acidi nucleici come tali non sono in grado di superare la membrana
cellulare e quindi è necessario servirsi di un vettore, un carrier. I migliori in questo senso sono i virus che, opportunamente trattati e privati della
loro componente patogena, vengono utilizzati a questo scopo
PARMA | È stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Nature Communications un lavoro condotto dai professori Alessandro Casnati e Francesco Sansone del Dipartimento di Chimica e dal professor Gaetano Donofrio del Dipartimento di Scienze Medico-Veterinarie dell’Ateneo. La ricerca, che si è avvalsa anche del prezioso contributo delle dott.sse Valentina Bagnacani, Valentina Franceschi e Michela Lomazzi con il loro lavoro di dottorato e del dott. Michele Bassi con il suo lavoro di tesi di laurea magistrale, ha permesso di evidenziare un nuovo modo di assemblare unità dell’amminoacido naturale L-arginina sfruttando una struttura macrociclica calixarenica e ha portato all’ottenimento di una molecola con elevata capacità di penetrazione cellulare.
Sono noti in natura peptidi che presentano una spiccata capacità di superare la membrana cellulare e sono per questo classificati come cell penetrating peptides (CPPs). Molti di questi sono ricchi di amminoacidi basici come l’arginina. Grazie ad essi, agenti patogeni come l’HIV riescono facilmente ad invadere le cellule per infettarle. Questa loro caratteristica, però, può essere sfruttata positivamente per progettare nuovi vettori in grado di rendere più facile il trasporto di molecole oltre la membrana cellulare a scopo terapeutico. È con questo obiettivo che CPPs naturali e loro analoghi progettati e realizzati in laboratorio vengono miscelati o legati covalentemente con farmaci per aumentarne la biodisponibilità all’interno della cellula, e quindi l’efficacia, consentendo contestualmente anche la diminuzione dei dosaggi.
A beneficiare dell’utilizzo dei CPPs può essere anche la terapia genica, una tecnica che ultimamente ha cominciato a mostrare le sue reali potenzialità nella cura di malattie molto gravi e che si basa sulla possibilità di introdurre del materiale genico (DNA o RNA) in cellule malate per ripararne i danni o, eventualmente, ucciderle. Gli acidi nucleici come tali non sono in grado di superare la membrana cellulare e quindi è necessario servirsi di un vettore, un carrier. I migliori in questo senso sono i virus che, opportunamente trattati e privati della loro componente patogena, vengono utilizzati a questo scopo. Al loro utilizzo però sono tuttora associati alcuni problemi, a cominciare dal complicato e costoso processo di preparazione fino ai più gravi fenomeni di risposta infiammatoria, a volte anche violenta, da parte del sistema immunitario del paziente, che potrebbero verificarsi in alcuni casi.
Per questa ragione da tempo si studia la possibilità di sostituire i vettori virali con carrier non virali costituiti da molecole in genere di natura anfifilica recanti gruppi polari carichi positivamente che permettono l’interazione con i gruppi fosfato degli acidi nucleici carichi negativamente. I CPPs ricchi di amminoacidi basici tra cui l’arginina, legati opportunamente a catene lipofile, possono essere degli interessanti vettori non virali capaci di trasportare DNA e RNA oltre la membrana cellulare. È in questo filone di ricerca che si colloca l’articolo Arginine clustering on calix[4]arene macrocycles for improved cell penetration and DNA delivery (V. Bagnacani et al., Nature Communications 4, article number: 1721 (2013), doi:10.1038/ncomms2721). In esso infatti, utilizzando come campo di applicazione proprio quello della transfezione cellulare, si riportano la sintesi e lo studio di nuovi vettori uno dei quali, in particolare, mostra, anche nei confronti di cellule difficili da trattare come quelle tumorali di Rabdomiosarcoma, elevatissime proprietà di penetrazione che si traducono in capacità di transfezione superiori a quelle di vettori già disponibili commercialmente come la lipofectammina LTX o le polietilenimmine (PEI).
Tutto questo è stato ottenuto minimizzando il numero di unità di L-arginina rispetto agli esempi fino ad ora riportati, ma esponendole e preorganizzandole in modo innovativo su una struttura macrociclica costituita da un calix[4]arene. Il percorso che ha portato a questo risultato di rilievo ha visto in precedenza la pubblicazione di altri risultati intermedi su riviste scientifiche internazionali sempre di alto livello, il deposito di un brevetto italiano di cui è detentore l’Ateneo e la recente presentazione di domanda per la sua estensione all’estero. Il progetto, ancora in corso per individuare ulteriori potenzialità e applicazioni di questa nuova classe di vettori e identificare con maggiore chiarezza i meccanismi della loro azione, si avvale del finanziamento di progetti ministeriali PRIN e, nel periodo 2007-2010, ha ottenuto il supporto finanziario della Fondazione Cariparma.
Venerdì 3 maggio 2013